Stella ormai, per chi ci segue da un po’, è un volto noto (per tutti gli altri qui c’è una sua breve intervista per conoscerla meglio): ancora una volta ci scrive dall’Isola Rossa per aggiornarci “dal campo” su come stanno proseguendo i progetti. Lasciamo a lei la parola…
Di Stella Mattioli
Nell’ultimo mese ho praticamente attraversato l’intero Madagascar.
Tre settimane fa, di domenica, io, i padri, qualche volontario di passaggio che doveva tornare a casa e 3 bambini con i piedi torti siamo partiti diretti a Mahasoa, nel sud dell’isola. Partenza ore 14,30, sosta a Tana all’1 di notte per scaricare i padri e i volontari e per caricare altri due bambini con malformazioni alle gambe e ai piedi, arrivo a Mahasoa alle 20,30 del giorno successivo. Vi assicuro che gli ultimi 200 km sono sembrati davvero infiniti. I miei piccoli compagni di viaggio sono stati Jaquino – 7 anni, Feno Fitiavana – 12 anni e mezzo, Jessica – 4 anni, Janedy – 7 anni e Havotra – 11 anni e mezzo. I 3 ragazzini più grandi sono stati autonomi, chi ha avuto problemi di stomaco non ha fatto niente più che chiedermi i sacchetti e per il resto sono diventati subito amici, hanno giocato e per loro il tempo è passato abbastanza bene. Janedy, che è salito a Tana, è stato accompagnato dal suo tutore e anche per lui il viaggio non è stato così terribile (anche se anche lui ha subito le conseguenze della strada decisamente poco lineare). Jessica invece è stata sempre con me, ed è stata anche troppo brava se si pensa che lei è stata portata a Mahasoa perché, per colpa di un’infezione iniziata circa un anno fa (non si sa troppo sul suo passato clinico) aveva la tibia completamente staccata dal ginocchio e, cosa ancora più agghiacciante, completamente esposta se non per una minima parte .
Questa bimba, ben consapevole della sua situazione (oltre a soffrire tantissimo, l’odore di osso e carne infettati era davvero terribile), temeva gli sguardi ed i commenti della gente e piangeva ogni volta che qualcuno provava ad avvicinarsi a lei, ma dopo le prime ore di viaggio si è rassegnata e mi ha permesso di diventarle amica. E’ stata davvero brava, ha dormito, mangiato e giocato. Ovviamente però ogni spostamento, ogni tappa pipì e ogni “urgenza sacchetto” sono stati un po’ più difficoltosi che per gli altri. Lei non camminava, si spostava, stando seduta, usando le mani.
Dopo le nostre 30 ore di viaggio comunque siamo arrivati.
Tornare a Mahasoa è stata un’emozione fortissima, le suore, quella missione sperduta nel nulla, i bimbi conosciuti sei mesi fa e ritrovati guariti (qualcuno almeno in parte). Ci è voluto un giorno e qualche racconto per farmi ricordare da loro, e quando hanno capito chi fossi abbiamo ricordato insieme i giorni a Fianarantsoa…Che gioia! Ed è così che è cominciata la mia “vacanza”, che è stata una bella carica di energia: le cene con i bimbi, i pomeriggi nelle risaie a seguire i lavori degli operai che cominciavano a darci dentro per raccogliere quello che sarà il cibo loro, dei bambini della scuola e del preventorio e delle suore per il prossimo anno. E poi le chiacchiere con una coppia di volontari italiani a Mahasoa per un mese.
Il giorno dopo il nostro arrivo, Suor Jean D’Arc ha ritenuto più opportuno portare subito Jessica a Sakalina perché l’infezione era troppo avanzata e la bimba soffriva davvero tanto, così io, Jessica, Suor Bertine e altre due suore, Giovanni alla guida, Silvia (la sua fidanzata) e Esther (una volontaria francese impegnata nell’insegnamento della lingua francese nelle scuole a Mahasoa) siamo partiti. Ed è a Sakalina che abbiamo lasciato Jessica, insieme ad una suora, per essere operata il giorno dopo. “Tutto bene” è la notizia che Agnese, la missionaria italiana che vive in Madagascar da quasi una vita, ci ha comunicato via radio il venerdì mattina. Non le è stata asportata completamente la tibia, ne è stata salvata la parte ancora sana (quella ancora attaccata alla caviglia) e, secondo il dottore nella migliore delle ipotesi l’osso potrebbe ancora riformarsi. Fatto sta che Jessica sta bene, è felice di non doversi più vergognare di quel “brutto osso che puzza” e, in attesa del controllo a fine mese, speriamo tutti che presto possa imparare nuovamente a camminare..
La vita a Mahasoa scorre tranquilla e regolare come sempre, c’è chi studia (i ragazzi che non hanno problemi a spostarsi con le loro gambe perché ormai gli interventi sono lontani e i muscoli sono già forti) e si sottopone alle sedute di riabilitazione nel pomeriggio e c’è chi invece è appena agli inizi, fa ginnastica e viene massaggiato (qualche volta scappa anche un piccolo pianto) alla mattina e al pomeriggio. E poi chi è in attesa degli interventi e occupa le giornate con tanti giochi.
Vorrei concludere questo breve racconto parlandovi di Paulette, vi ricordate di lei? Paulette è stata operata a novembre scorso perché aveva le gambe praticamente a 90° e, nonostante avesse 13 anni, era alta come una bambina di 10. Arrivata a Fianarantsoa, Paulette si è fatta conoscere da tutti -volontari, medici e personale medico- perché piangeva e si lamentava come non facevano i bambini molti più piccoli di lei. Per quanto fosse evidente la sua sofferenza (entrambe le gambe operate), voleva approfittarsi della situazione e faceva tanti capricci. Anche le suore, una volta arrivata a Mahasoa, erano preoccupate che potesse creare scompiglio nell’equilibrio abbastanza fragile di casa. Beh, oltre ad averla trovata cambiata dal punto di vista fisico (non è ancora guarita completamente, deve subire un secondo intervento alla fine giugno), l’ho trovata decisamente cambiata caratterialmente. È molto matura, si occupa dei piccoli, aiuta a lavare e a pulire (per quanto possibile, visto che il dottore le ha proibito di camminare dato che le sue gambe non sono ancora abbastanza forti) e si è adattata completamente al clima del preventorio.
UNA DOPPIA BELLA NOTIZIA!