Mora, mora. Ecco come racchiudere i miei primi venti giorni in Madagascar. Appena atterrata ho percepito il cambiamento e ho cercato di rallentare dai nostri ritmi da vazaha (straniero – uomo bianco) perché solo così puoi goderti ciò che questa terra ha da offrirti.
Qui sono stata travolta dai colori della natura, degli abiti, gli odori, la calma del popolo malgascio alla guida, le donne che camminano con oggetti sopra la testa scalze con una grazia da far tremare le modelle delle passerelle e l’incredibile forza degli uomini che sollevano pesi senza fatica.
Ma soprattutto i sorrisi. I sorrisi dei bambini dell’orfanotrofio che senza alcun timore ti prendono per mano e tu devi solo lasciarti guidare, perché quei piccoli cuccioli con questi occhi scuri e profondi hanno da insegnarti valori come l’aiutare il prossimo che noi abbiamo dimenticato.
Infine concludo scrivendo che mi piace definire il Madagascar come una Donna maltrattata, perché nonostante la povertà e la corruzione, mantiene con estrema dignità un fascino e una ricchezza che va ben oltre il denaro.