di Padre Albert
Vi avevamo già presentato qui (vedi articolo) Padre Albert, missionario camilliano da anni impegnato nella missione di Fianarantsoa. Ora eccolo tornare con un nuovo scritto, dedicato questa volta ai senza tetto dal Madagascar…
“Echi dalla strada”
Bambina, avrei voluto poterti chiamare col tuo nome. Ma da persona normale, come mi sforzo di essere, non ho avuto il coraggio di chiedertelo, quindi mi accontento di chiamarti Mpanao tafolanitra cioè: «Colei che ha come tetto il cielo». Infatti, sei tu una delle tante che, aspirando una vita migliore hanno lasciato le campagne sperando di trovare un lavoro in città ma per una ragione o un’altra finiscono a trovarsi in quella strada 24 ore su 24.
Si, tu sei una di quelle cui i viandanti prestano attenzione solo perché rivolgi a loro parolacce e imprecazioni. E costoro, voltando gli occhi nella tua direzione, si tappano gli orecchi. Scandalizzati, a volte anche arrabbiati, vedendoti e sentendoti più grande della tua età. Gli uni ti scusano dicendo «E’ pazza, poverina!», altri «E’ proprio una vita da c…e, gente normale come me non può ripetere quella parola che indica i tuoi amici a quattro zampe !», infatti, ti vedono sempre in compagnia di una mandria di quelle bestie che abbaiano. Sono loro e coloro che gli assomigliano che ti mantengono calda, giorno e notte, sotto il cielo aperto forse anche tuo malgrado.
Nonnino, avrei voluto anche poterti dare un nome. Ma da persona educata, come mi sforzo di essere e dato che hai già una certa età, mi accontento di chiamarti Ingahibe cioè: Nonnino. Anche tu hai come tetto il cielo. Certo, tu non fai rumore salvo le rare eccezioni in cui ti sforzi di chiamare i viandanti che riescono ancora a sentirti per chiedergli la cortesia di voler comprare, con i tuoi propri soldi, un pezzo di pane e una tazza di caffè da mettere in quella che è stata una bottiglia di Coca Cola. Oltre l’età che si fa sentire sei anche paralizzato, quindi devi giacere al bordo della strada d’estate e d’inverno, sotto la pioggia e sotto il sole. Stai li, a fare tutto ciò che sei ancora capace di fare, tra i tuoi bisogni fisiologici! Anche la puzza che viene da quelli è più che sufficiente a fare notare ai viandanti la tua presenza. Non so se lo fanno per carità o per aver la coscienza pulita, ma tra di loro alcuni ti gettano soldi, altri invece, spuntando, cambiano lato della strada e scotendo il capo mormorano: «Porca miseria! Perché Dio permette che esista una situazione simile? Non è umana!»
Più di una volta avrei voluto fare due chiacchiere con te, ma da persona normale come mi sforzo di essere, uso la fretta come scusa per evitare di avvicinarti e forse ancora di più per sfuggire allo sguardo scrutatore di altra gente normale come me.
Bambina, mi ritorna ancora in mente quella sera piovosa. Tutti i viandanti, da gente normale quale sono, correvano per trovare rifugio. Ma tu, senza preoccuparti di doverti bagnare, forse perché sei abituata quindi immune, avendo il cielo come tetto, pur restando zitta, hai compiuto un gesto più eloquente dei tuoi soliti versi: ti sei data da fare per coprire il Nonnino, non il tuo, ma uno qualsiasi. Lo hai sistemato per non farlo nuotare nell’acqua fangosa. Nessuna telecamera stava li in quel momento, soltanto l’occhio di uno dei viandanti, meno normale degli altri, che ha potuto fotografare quella scena. Mi ha chiesto di dirti grazie perché almeno per quella volta gli hai insegnato che, nonostante la tua solita vita da quattro zampe, sei ancora capace di dare una mano ad un tuo simile che sta in condizione peggiori della tua, cosa che si riesce a fare affannosamente tra gente normale!
Nonnino, lo stesso viandante mi ha anche incaricato di ringraziare te perché vendendoti ricambiare quel gesto con un semplice sorriso in segno di gratitudine si è ricordato che ormai la parola grazie era quasi scomparsa dal suo vocabolario, nonostante ch’egli e i suoi simili, più o meno gente normale, non abbiano il cielo come tetto e non muoiono di fame!
Bambina, Nonnino, raccontate ai vostri amici che hanno il cielo come tetto il mio sogno, non sono capace di capire se brutto o bello. Dopo quel racconto del mio amico viandante meno normale per noi, non riesco a chiudere gli occhi senza che una domanda mi venga in mente: Sono ancora normale? Il mio sogno sarebbe di poter trovare la risposta. Potreste anche dare una mano a me?
Il pazzo sognatore