di Sara Manzini
Sono partita per il Madagascar senza sapere cosa aspettarmi, dai racconti ci si fa una piccola idea ma non si può capire cosa vuole dire “andare in missione in Madagascar” senza andare in missione in Madagascar.
Ci sono posti e persone che mi porterò sempre nel cuore, perché specialmente è questo che mi ha lasciato questa avventura: forti legami creati da incredibili emozioni.
Vedere completata una strada nella quale avevamo messo tutto il nostro impegno per tre giorni, riempire buche con sassi, sradicare erbacce con piccole ma pesanti vanghe e condividere la gioia provata con gli operai delle suore di Mahasoa, mi ha dato, e penso a tutti noi una forte soddisfazione. Tra sorrisi, canzoni, risate, incomprensioni, palme abbattute, polvere mangiata e qualche puntura, alla fine quella strada nel bel mezzo della "foresta" era finita.
Un altro legame speciale si è creato con i bambini che solo con uno sguardo, un sorriso e un piccolo gesto sono capaci di conquistarti il cuore: si mettono a correre e a ballare quando ancora hanno il gesso dell’operazione al piede torto perché il loro c’è la voglia di vivere e di essere dei bimbi come gli altri, senza essere guardati male o sentirsi inutili a causa della loro malformazione. Altri bimbi hanno una tale volontà di imparare che solo in quattro giorni riesci a insegnargli a presentarsi in italiano, i primi numeri, i colori, le parti del corpo e gli animali, e loro non contenti l’ultimo giorno ti chiedono di insegnargli tutti i numeri, fino al cento.
In Madagascar ho potuto scoprire la forza delle persone come Agnese e Mariangela, Lalao e Justine, dei missionari come p. Eugenio, delle suore come Sr. Jeanne d’Arc, Sr. Berthine, Sr. Léa, Sr. Marthine che si mettono in gioco ogni giorno, tutto il giorno, per quello in cui credono: aiutare gli altri con tutte le forze possibili senza mai avere un vantaggio o un tornaconto personale. Vorrei ringraziare queste persone perché grazie al loro esempio ho capito che noi ragazzi italiani siamo stati privilegiati ad essere nati in un paese come l’Italia, tuttavia questo è successo a prescindere dalla nostra volontà, è stato un caso e ciò non deve darci il diritto di sentirci superiori. Dobbiamo anche noi, con tutte le nostre forze e possibilità, fare in modo che gli altri non debbano soffrire perché sono nati in condizioni diverse dalle nostre.
Sono tornata a casa dal Madagascar e sapevo cosa aspettarmi. Un mondo frenetico dove regna l’io e l’obiettivo di vita personale, e tutto questo adesso mi da fastidio più che prima. E ora riesco ad apprezzare a fondo le parole di p. Eugenio: “Questa esperienza è un dare e un ricevere. Tutto quello che avete imparato, provato e visto lo porterete a casa, e a casa imparerete a fare più attenzione alle cose poiché le cose le vedrete con occhi diversi.”
di Arianna Bianchi
del Madagascar ricorderò sempre che ogni giorno ho vissuto o ho visto qualcosa,
come un sorriso di una persona che incontri per caso, un paesaggio magnifico,
un bimbo che ti corre incontro, un saluto, un tramonto, il cielo stellato o
piccoli gesti di persone che non sanno chi tu sai ma che dimostrano di avere
piacere nell’averti lì con loro, che mi ha fatto sorridere e mi ha riempito il
cuore; ed è stato grazie a queste piccole cose che il Madagascar mi ha
ricordato cosa significa amare.
Madagascar per me è Amore.
di Elena Poliani
Quando penso al Madagascar la prima parola che mi viene in mente è gioia.
La gioia dei bambini del preventorio di Mahasoa che con i loro piedi doloranti non smettono mai di giocare e ballare; la gioia della suorine, specialmente di Suor Giovanna e Suor Berthine; la gioia dei ricoverati di Sakalalina che pur essendo malati trovano sempre un motivo per sorridere.
Penso alla gioia che ho provato quando i bambini dell’orfanotrofio e del preventorio di Fianarantsoa mi sono corsi incontro per abbracciarmi; penso alla gioia che ho provato nell’aver visto il mio primo parto e penso all’ospitalità di Agnese e al suo grande amore per il Madagascar.
A Mahasoa, Sakalalina e Fianarantsoa ho lasciato un pezzo di cuore e il mio sicuramente non è un addio, ma un arrivederci!
di Maddalena Malanchini
Madagascar:
Avventura intrapresa un po’ per caso, un po’ per gioco, un po’ per sfida e un po’ per fuga… Come ho raccontato fino alla nausea ai miei compagni di viaggio, mi sono ritrovata a lavorare in centro a Modena per una settimana e, fermando decine e decine di passanti, mi sono imbattuta anche in Daniele e Giovanni, due giovani volontari de "La Vita Per Te". Detto, fatto: dopo qualche giorno avevo deciso che quest’estate sarei andata anch’io in Madagascar a mettermi in gioco davvero, confrontandomi con una realtà completamente diversa da quella a cui sono abituata nella mia piccola quotidianità, sfidando i miei limiti! Avevo voglia di vedere, sentire, toccare con mano la semplicità, l’essenza delle piccole cose e credo che così sia stato, da subito. Già dal viaggio le infinite ore in pulmino con persone a me quasi sconosciute mi hanno fatto capire quanto può far sentire uniti trovarsi in una situazione "precaria" in cui emergono forti i bisogni primari: acqua, felpe, coperte diventano improvvisamente e automaticamente di tutti, non esiste più la parola "mio". La vita in gruppo, lo ammetto, a volte mi risulta un po’ stretta, chiusa nel mio individualismo… Ma credo comunque che lo stare in gruppo, che mi sembra sia una delle costanti della vita in Madagascar,mi abbia dato la forza per affrontare con gioia compiti e attività come pulire un pavimento, lavare e stirare lenzuola, trasportare pietre a mani nude, seminare nell’orto… sia lo stare insieme tra di noi italiani sia soprattutto stare con le persone dei posti magnifici in cui abbiamo vissuto, persone che ci hanno fatto sentire sempre accolti e mai giudicati, neppure quando era evidente la nostra difficoltà, che magari traspariva da uno sguardo stanco…la risposta era sempre una parola di incoraggiamento e soprattutto, gesto più immediato perchè compreso a livello universale, un sorriso!
cosa mi porterò a casa più di tutto? sicuramente l’esperienza ricca di forti emozioni, difficili da descrivere anzi indescrivibili, di aver assistito alle h 22 del 23 agosto 2013 al dispensario di mahasoa alla nascita di una bambina di 2,6 kg… evento illuminato dalla luce delle nostre torce e guidato dalla mano esperta di suor giovanna affiancata da suor claudine, il tutto in un’atmosfera pacata di totale naturalezza…d’altronde dare la vita non è la cosa più naturale del mondo?!?
e poi mi porterò dentro i sorrisi dei bimbi del preventorio, la loro voglia di correre e ballare, la loro energia che non si ferma nonostante abbiano subito uno o più interventi chirurgici a causa dei piedi torti o del rachitismo! mi ricorderò le voci degli abitanti di mahasoa e sakalalina cantare a squarcia gola in chiesa e terró ben presente quanto sia rimasta stupita nel vedere che la fede in Dio dia loro così tanta forza…
mi ricorderó il sapore della papaia mai assaggiata prima, i tramonti che si estendono fino a scomparire all’orizzonte e il cielo stellato più luminoso che abbia mai visto…
e credo proprio che non scorderó mai gli odori e i colori dei malgasci, l’ospedale con il grigiastro e il giallognolo della "biancheria"… e ricorderó che per questo popolo lenzuola così sono il meglio che possano desiderare… e allora forse, partendo da una prospettiva diversa, riusciró ad apprezzare davvero tutto ció che la vita mi ha regalato finora e diró solo grazie.
di Matteo Manzini
Ti svegli un giorno nel tuo letto e realizzi che è tutto finito, in un lampo.
Gli occhi piangono, il cuore ride, la mente viaggia nei ricordi, nelle immagini, nelle parole; e rivivi in pochi istanti tutta l’avventura di una missione strana, una missione densa di emozioni, per la quale si era partiti con uno zaino colmo di aspettative ingenue, aspettative di una mente occidentale plasmata da bisogni e mire per nulla fondamentali alla la vita di un uomo, ma propri solo di un "vasà".
Come è il Madagascar?? E’ una terra arida e colma di verde, secca e piena di sorgenti, ricca e che non ha quasi niente…è una terra varia, è una terra rossa. E’ rossa, come rosso è il sangue del suo popolo, unito da un’unica lingua nazionale e da centinaia di dialetti locali, unito da un sole cocente e da una tela blu scura su cui qualche artista ha impresso una meravigliosa via lattea ed una luna enorme, più luminosa di un faro. E forse è proprio questo cielo a dare la forza agli abitanti dei villaggi, ad ogni missionario e ad ogni essere vivente dell’isola di sorridere sempre, di piangere di gioia per una maglietta donata, di non lamentarsi nemmeno di fronte al dolore del parto.
Ogni missionario incontrato è un universo a se, legato a tutti gli altri dalla via lattea sopra la propria testa, ed io ero una scatola vuota.
Grazie a Giulia e a tutto lo splendido gruppo con cui ho convissuto un mese intero, questa scatola non è più vuota, c’è un piccolo germoglio che inizierà a crescere in una terra rosso fuoco.
Gli occhi sorridono, il cuore batte più forte, la mente torna alla realtà, un mese intero è finito…in un lampo.
di Riccardo Molinari
A distanza di due anni dalla mia prima esperienza in Madagascar, a Mahasoa ho ritrovato persone meravigliose, capaci di conquistarmi con la loro semplicità d’animo e forza nell’affrontare ogni singola giornata. L’estrema povertà, la scarsità di cibo e acqua, i problemi di comunicazione e i ridotti strumenti da lavoro, infatti, rendono tutto più difficile, dilatandone sforzi e tempi.
Se nella mia mentalità da occidentale metodico e preciso, queste situazioni non riuscivano ad essere facilmente accettate, ecco che bastava una battuta di padre Eugenio o un sorriso delle suorine per farmi capire quanto sia indispensabile ottimizzare quello che si ha, accogliendo ogni imprevisto o aiuto come un’opportunità.
Durante il nostro soggiorno, dopo suggerimento di Suon Berthine, mi sono attivato per organizzare un corso di Excel e Word alle suorine della Missione. Non c’è stata cosa più emozionante che vedere le "mie alunne" con gli occhi pieni di gioia e curiosità ad ogni funzione o comando insegnato: vederle parlottare sorridenti e felici, prendere appunti, muovere il mouse come fosse un oggetto pronto ad esplodere, copiare dal monitor di fianco, suggerirsi a vicenda. Quando poi ho spiegato che potevano salvare il lavoro fatto, così da non perderlo nel caso saltassero le batterie dei pannelli solari (cosa molto frequente), ecco che hanno cominciato a ringraziarmi, andando avanti per almeno un’ora a salvare e aprire lo stesso documento, come possedute da un mix di felicità e incredulità.
Questa esperienza mi ha fatto capire quanto ognuno di noi possa fare qualcosa per gli altri, un qualcosa che, sebbene possa sembrarci poco, spesso si trasforma in qualcosa di grande per chi lo riceve.
Lasciare padre Eugenio e le suorine sapendo della difficile realtà in cui vivono quotidianamente, lasciare i bambini con i loro sguardi e sorrisi che ti conquistano, il rosso della terra di Mahasoa, il cielo azzurro di giorno e che di notte si inonda di stelle, non è facile.
La consapevolezza di aver lasciato un ricordo di me nel cuore di queste persone,però, mi rende felice e certo di quanto sia stupendo il donarsi per gli altri.
A presto Madagascar!