Emozioni dal Madagascar
Sono trascorsi quasi 3 mesi nella terra rossa chiamata Madagascar che mi ha regalato una meravigliosa esperienza di vita. E lo devo soprattutto al Dottor Francesco Cimino che mi ha permesso il di viverla a pieno, ed Elisa che è stata la mia mental coach.
Questo paese e la sua gente mi ha donato tanto, più di quanto mi aspettassi e più di quello che ho dato io probabilmente. Qui ci si sente grandi, perché ogni gesto o azione provoca un cambiamento visto che qui c’è bisogno di tutto; ma allo stesso tempo piccoli, di fronte alle ingiustizie e alla fame.
Avevo tanti timori, ma li ho provati a superare in quanto non appena ho avuto un assaggio della dura realtà qui in Madagascar mi sono resa conto che ciò che sentivo era tutto veramente infondato.
Ho definito il Madagascar metaforicamente come una Donna maltrattata, che nonostante i soprusi,le angherie mantiene il suo fascino e la dignità; e ora che giungo al termine di questo viaggio ne sono fermamente convinta. Non ho pensato ad una Donna per puro caso, ma bensì perché sono loro la chiave di tutto. Senza Donne non ci sono figli, senza bambini non c’è un futuro. Il fatto che l’ONG “La vita per te” abbia a cuore soprattutto i bambini e le donne rende il tutto più motivante, perchè in fondo sono loro le categorie più penalizzate. Qui si sta facendo per la prima volta una “colonizzazione” buona, cercando di offrire un futuro su diversi ambiti (sanitario, scolastico..)ma allo stesso tempo rispettare la cultura, i ritmi del popolo malgascio; e avere così un interscambio culturale sano senza vedere l’altro come un nemico come purtroppo capita sempre più in Italia.
Mentre preparo la valigia, porto via con me i sapori come la marmellata di ananas, la vaniglia, i biscotti prodotti dalle suore locali; ma quello che ho nel cuore non entra in una stiva di un aereo. Ci sono immagini che mi faranno sempre venire un nodo in gola, come le persone che vivono vicino al pattume e non appena possono cercano qualcosa da vendere o mangiare all’interno dei sacchetti; le case che ai nostri occhi sono baracche o capanne degli attrezzi nelle quali vivono intere famiglie. Troverò sempre sconvolgente come uno stato ed un sistema sanitario abbandonino totalmente le persone condannandole e morire, perché realmente qui ospedale vuol dire essere ad un passo dalla morte. Porto con me anche l’odoro della povertà e la fame che è inconfondibile e ti trapassa dentro come una coltellata, perché morire di fame non è solo mancanza di cibo, ma è anche ammalarsi più facilmente, non avere i soldi per i farmaci,è soprattutto arrendersi al fatto che non hai via di scampo.
È stato un privilegio far parte del gruppo che lavora nel Rex, il centro medico a Fianarantsoa,ed entrare in contatto con giovani donne estremamente competenti capaci di effettuare pap test e visite senologiche anche a più di cento donne in una giornata, senza perdere il sorriso e mantenendo la professionalità fino all’ultimo secondo. Non dimenticherò neanche gli uomini del Rex, che appena mi vedevano in difficoltà come galantuomini mi hanno aiutato, anche solo con sorriso o ad appendere i cartelli per l’Ottobre Rosa che è stato un mese veramente impegnativo per tutti ma soddisfacente. Inoltre ho partecipato nell’organizzazione di questa sfilata benefica ed è stato un qualcosa che facevo per la prima volta, quindi le difficoltà ci sono state ma le abbiamo superate. Ancora rido nel pensare al backstage mentre vestivamo le ragazze, ripetevamo la scaletta di uscita,e i parrucchiere ultimavano il trucco e parrucco tra un cambio e l’altro..
Se penso al popolo malgascio lo vedo come un fiume che scorre lentamente,che potente leviga le pietre, passa attraverso le montagne e nonostante tutto sfocia ugualmente nello steso identico modo insieme ai torrenti più impetuosi; questo per dire che l’essere veloci a volte rende avventati e non serve a nulla. Qui ho imparato che si fa tanto, tantissimo anche prendendosi il proprio tempo o godendosi il paesaggio, una conversazione tra persone e le risate di un bambino che corre scalzo.
I bambini. Sui bambini bisognerebbe scrivere un libro. I bambini malgasci sono piccoli supereroi senza mantello e scarpe, o meglio anche se le hanno, le tolgono e preferiscono camminare scalzi. Non hanno paura di nulla e appena me li sono trovata davanti mi sono lasciata guidare da loro, e ho rimpianto di non avere più gambe e braccia per poterli stringere tutti. Io sono diventata la loro bambola con i capelli ricci, i miei occhiali sono in parte loro e la mie mani ossute non sono altro che strumenti per farli ridere e soprattutto coccolarli. Ho guardato i bambini orfani o con malformazioni e volevo piangere, ma poi li ho sentiti ridere e giocare e ho preferito unirmi a loro.
I bimbi sono speciali perché lottano ogni giorno per ottenere ciò che noi vazaha diamo per scontato come un pasto caldo, una doccia la sera e l’abbraccio della mamma; perché qui morire è all’ordine del giorno.
Sono speciali perché non sono sicuri di avere un domani, ma sorridono lo stesso e questo è il punto di partenza:garantire a tutti i bambini un futuro perché loro stessi sono il nostro avvenire.
di Laura, volontaria per La Vita per Te