Stella: ormai una malgascia bianca

di Stella Mattioli

STELLA, ORMAI NON PIU’ UNA VAHAZA, MA UNA MALGASCIA BIANCA

Stella, la nostra volontaria che sta trascorrendo un anno in Madagascar, la conoscete già (ve ne avevamo parlato qui). Dalla nostra amata Terra Rossa Kintana –come la chiamano i malgasci- continua a scriverci per tenerci aggiornati su quanto accade laggiù e noi, che col cuore e con la mente, le siamo vicini, continuiamo a tenere aggiornati voi, nella speranza che la sua esperienza di volontariato possa ispirare qualcuno di voi a seguirci nella prossima missione in Madagascar…

Così scrive Stella il 3 aprile…

stella

Ciao a tutti!
Come state? È passato tanto tempo dall’ultima mail…Intanto buona Pasqua in ritardo! È stato un periodo davvero intenso e quando trovavo una mezz’oretta libera mi concedevo un po’ di riposo! Perdonatemi!

Beh, dunque, di cose qui ne succedono sempre tante ma questa mail sarà dedicata soprattutto alle relazioni che mi sono creata (o che sto provando a creare) con le persone con cui vivo. Perché, se non ho avuto la minima difficoltà ad abituarmi al caldo (a parte il fatto che sono ricoperta di puntini rossi che prudono come se mi avesse assalito uno sciame di zanzare!), alle mosche sulla carne al mercato (che invece hanno creato non pochi problemi di alimentazione alle 3volontarie che sono qui adesso 😉 ), allo sporco sulle strade e alle docce con il secchio, sto facendo fatica a capire come (e se sia possibile) farsi degli amici qui in Madagascar. Mi sono accorta di come io NON stia facendo un’esperienza ma di come, piuttosto, io stia VIVENDO in un nuova città. Non mi sento di passaggio e non imposto le mie giornate come se io fossi su un altro piano rispetto alla gente qui. Con questo non voglio dire che non tornerò (nonna non andare in crisi 😉 !!) ma vorrei farvi capire come affronto le mie giornate. Gli incontri con i bambini al dispensario, con chi ci lavora, con chi vive qui in missione, con le persone con cui mi fermo a parlare lungo la strada. Niente lavoro, niente orari (a parte per i bimbi che, come se avessero una sveglia nella pancia, ogni 2 ore piangono perché hanno fame!), niente scadenze.

C’è una persona che ormai considero amica che, pur non conoscendomi in maniera profonda, mi sta accompagnando in questo cammino (sì Francesco, sei proprio tu!) e che mi ha detto che probabilmente non troverò amici veri in Madagascar, amici per come li intendo io: persone su cui contare sempre, con le quali poter parlare di gran parte di quello che ci succede e che comunque, in un modo o nell’altro, fanno parte delle nostre vite. Quando ho letto queste parole sono rimasta delusa e molto colpita, perché mi sembrava di aver GIA’ costruito rapporti di amicizia (o magari le basi). Ma poi, giorno dopo giorno, sto capendo cosa in realtà volesse dire quel discorso: per i malgasci (o per la maggior parte di loro) i rapporti (che siano di amicizia, di amore o di parentela) non arrivano mai in profondità, c’è sempre una parte di ciascuno di loro che rimane nascosta e non viene mai mostrata. Mi sono detta però che non per questo io non ci debba provare, che non possa aprirmi con le persone di cui sento di potermi fidare. Sbaglierò? Probabile, ma questa è la mia Vita: lo era prima del Madagascar, lo è ora e probabilmente lo sarà sempre!

Sapete, c’è stata una settimana in particolare in cui ho fatto davvero fatica a sorridere e se ci ripenso credo di aver avuto vicino degli amici. Ci sono stati un po’ di problemi di gestione al dispensario, qualche cambiamento “ai vertici”, uno sciopero, tante riunioni. Io in tutta questa storia non sono entrata (per scelta mia e degli altri) ma, nonostante questo, anche io ho vissuto qualche giorno di ansia. Anche perché mi sono sentita in obbligo di dire comunque la mia alle persone coinvolte, con la speranza che il mio istinto non si sbagliasse. Alla fine si è risolto tutto anche se le cose sono in continua evoluzione, ma nei giorni di crisi maggiore era un sollievo tornare alla missione, poter scambiare due chiacchiere con i Frera o confrontarsi con i Padri, cercare di sdrammatizzare e fare un sorriso. In quei giorni più che mai mi sono sentita a casa sui gradini davanti al refettorio, aspettando di cenare, raccontando a Tony (uno dei ragazzi) cos’era che mi faceva stare male e confrontandomi con lui su quello che stava succedendo. O facendo battute con i Padri che, molto più di me, erano coinvolti ma che comunque cercavano di non farmi sentire sola.
In quel periodo è successa un’altra cosa che mi ha fatto pensare: l’invito (alquanto inaspettato) al matrimonio di una ragazza indiana di religione musulmana. Invito inaspettato perché io NON conoscevo la ragazza in questione! Vi assicuro che il momento della consegna dell’invito è stato il primo in cui ho incontrato neanche la sposa ma il FRATELLO! A parte lo stupore iniziale, mi è venuta un po’ di tristezza pensando al fatto che l’invito non fosse diretto a me inquanto “Stella” ma piuttosto alla persona bianca che ha un nome solo perché lo sanno tutti! E allora cosa si fa: vado o non vado? Se non vado sono maleducata, se vado do ragione a loro. Sono andata perché non sapevo come poter declinare l’invito, ma sono tornata ancora più delusa (nelle due settimane che hanno preceduto il matrimonio sono andata a pranzo da loro, almeno per aver presente la faccia della sposa): erano presenti altre persone non musulmane OVVIAMENTE vestite con i loro abiti. A me invece è stato chiesto se volessi mettere i loro vestiti tradizionali. Dopo aver detto più volte che faceva lo stesso, che i vestiti li avevo e non ce n’era bisogno, loro comunque mi hanno procurato un abito tradizionale! Mi sono sentita una pagliaccia al circo.

3Ecco, quando parlo di come sia difficile costruire le relazioni qui mi riferisco proprio a questo. Sono amici o fanno finta solo perché sono bianca ed è cool avere un’amica vazaha? Una risposta non c’è, probabilmente ci sarà sempre un po’ di doppio fine anche nei rapporti più sinceri che riuscirò a costruire, ma sicuramente ci sono persone che non mi chiedono niente, che vogliono passare del tempo con me senza cominciare a dire: ho fame, ho sete, bella la tua maglietta. Queste sono le persone su cui ripongo la mia fiducia!
Con una persona in particolare sto costruendo (credo) un bel rapporto: Niry, la ragazza che lavora all’orfanotrofio. A gennaio mi ha chiesto di insegnarle l’italiano e per due mesi sono andata da lei tutti i giorni: andavo alle 3, lezione e alle 4 andavo via, mai un commento di troppo, mai un’allusione. Poi un giorno le ho chiesto se potessi cenare con lei e con i bimbi e da lì è andata a finire che tutte le settimane vado da loro a dormire e quasi tutti i giorni vado a trovarla. Non studiamo più l’italiano perché chiacchieriamo e il tempo passa troppo in fretta. Non mi ha mai chiesto niente, quando ceno da loro io preparo la pasta e lei il riso e a volte qualche zuppa particolare che io non so cucinare. Mi piace parlare con lei e sento proprio di potermi fidare: se dovessi fare il nome di un’amica qui non avrei dubbi e farei il suo.
2Ok, adesso invece vi racconto di dove sono stata per il week end delle Palme, poi concludo questa mail senza fine!
Venerdì mattina siamo partiti, io e altri 600 ragazzi circa, per andare con la barca (tipo i barconi che approdano a Lampedusa, uno davanti col motore, uno dietro trainato) in un villaggio a 3 ore da qui dove abbiamo incontrato altri ragazzi dei villaggi vicini per passare insieme 3 giorni. Immaginatevi un evento a cui hanno partecipato più di 700 ragazzi ma che è stato organizzato con una facilità inimmaginabile per noi! Si dorme per terra nelle aule della scuola, ci si lava con il secchio (a volte anche nel fiume -ehm ehm.. e io ho fatto anche questa  ) e si cuociono valanghe di riso! Io sono andata con le ragazze degli scout (eh sì, ho cominciato anche questa!) ma ho anche aiutato le signore della cucina: avete mai pulito le interiora dello zebù da cucinare come zuppa per colazione? Sono stati giorni davvero pesanti, caldo, sonno. Ma è stata una bellissima esperienza di condivisione e di vita comunitaria con i giovani della sola missione di Marovoay (un po’ come dire solo le parrocchie di Modena, l’evento per la diocesi ci sarà a settembre). E’ importante per me far vedere loro che anche noi bianchi possiamo aver voglia di stare con loro solo per il gusto di starci e non perché vogliamo insegnare loro qualcosa o vogliamo aprire il portafoglio e regalare soldi come se fossero caramelle (che sono comunque molto richieste!).
4Magari non porterò a termine nessuno dei punti che mi sono “prefissata”, ma mi sto impegnando perché il mio passaggio qui non sia solo quello di un altro vazaha ma di una persona con un nome e con un carattere tutto suo.
Bene, anche questa volta vi ho imbambolati con una e-mail infinita..
Vi auguro ancora buona Pasqua in ritardo, spero che abbiate passato al meglio le feste.
E vorrei fare un saluto a tutti i miei amici e a quelle persone che ci sono sempre, che mi supportano anche se io non rispondo mai ma che nonostante quello non si arrendono e mi scrivono ogni volta che ne hanno voglia, e anche a quelli che invece non mi scrivono ma che mi pensano sempre e io lo so. Scusate se ho dei tempi tutti strani, se non vi faccio gli auguri di compleanno o non mi ricordo degli anniversari, è che a volte anche fare una ricarica richiede più tempo di quello che si pensa!!

Vi mando un grande abbraccio, a presto.

Kintana

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